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Obiettivo della ricerca

L’utilizzo di protesi custom made è oggi il gold standard per la ricostruzione di diverse ossa del cranio in seguito a traumi o tumori, dove la sostituzione della parte mancante richiede che le esigenze funzionali della protesi si associno necessariamente a quelle estetiche. Il contemporaneo soddisfacimento di entrambi requisiti dipende infatti da fattori diversi: la compatibilità funzionale dipende dal materiale e dal processo di lavorazione scelto per la costruzione della protesi, mentre la compatibilità estetica dipende dalla tecnica di ricostruzione usata per determinare la forma della stessa.

Le tecniche chirurgiche utilizzate prevedono ancora l’utilizzo di osso autologo del paziente, sagomato all’occorrenza in sala operatoria prima dell’impianto. Tuttavia, con tale metodologia il paziente è soggetto ad un duplice intervento (prelievo + impianto) con una conseguente menomazione nel sito di prelievo; i tempi della chirurgia, altresì, sono notevoli, dovendo prevedere, nello stesso atto operatorio, il prelievo dell’osso, la sua lavorazione e l’innesto nel sito danneggiato. Allo stesso tempo, non vi è una garanzia circa la resistenza meccanica del costrutto. Per ricostruzione di porzioni importanti della teca cranica, invece, l’utilizzo di protesi custom made è oggi preferito sebbene di difficile attuazione: a partire dalle TAC del paziente, si ricostruisce la parte mancante e la si realizza in materiale metallico (lega di Ti), polimerico (polimetilmetacrilato – PMMA) o ceramico (idrossiapatite – HA). Anche in questi casi, però, la procedura non è del tutto ottimizzata dato che, nel caso per es. dell’utilizzo del Ti, la protesi viene realizzata alle macchine utensili in un lasso di tempo spesso non adeguato alle esigenze cliniche, mentre le protesi in PMMA o HA non sempre possiedono un’adeguata resistenza meccanica.

Sul fronte strettamente tecnologico, invece, la letteratura scientifica presenta degli studi preliminari di tecniche innovative di lavorazione applicate per la realizzazione di protesi customer oriented; il limite ad oggi, però, è che tali ricerche affrontano esclusivamente il problema da un punto di vista ingegneristico, ovvero di fattibilità tecnologica di processo, trascurando completamente una visione integrata degli aspetti clinici o delle problematiche legate al paziente. Più nello specifico, molti studi, già richiamati nello stato dell’arte, sono focalizzati sui problemi presenti a monte della fase di impianto trascurando completamente o quasi tutte le problematiche prioritarie in campo clinico che insistono a valle; più nello specifico, i limiti bio-ingegneristici delle applicazioni proposte (biocompatibilità dell’impianto, sistemi di ancoraggio, qualità superficiale) risultano a tutt’oggi poco investigati. Ne consegue che l’applicabilità reale di tali procedure non è del tutto dimostrata e molti aspetti, tanto tecnologici quanto clinici, devono essere ulteriormente analizzati al fine di dotarsi di uno standard di facile impiego che veramente possa rappresentare un breakthrough nella risoluzione dei problemi connessi alle ricostruzioni cranio-facciali.

L’obiettivo principale del presente progetto è, pertanto, quello di sviluppare, con un approccio multidisciplinare, una procedura ready to use e di facile implementazione che permetta di: -superare i vincoli nella produzione di protesi legati a complessità morfologiche (superfici estremamente irregolari, anche con sottosquadri, difficilmente lavorabili per asportazione di truciolo); -migliorare la qualità dei componenti in termini sia geometrici (accuratezza dimensionale) che prestazionali (caratteristiche meccaniche e uniformità di spessore); -abbattere in modo drastico i tempi di realizzazione della protesi, rendendola disponibile al massimo in 48h; -migliorare le prestazioni della protesi in termini di efficacia dell’ancoraggio (che potrà essere ottimizzato) dopo averne verificato i requisiti di biocompatibilità (che potrebbe essere inficiata in seguito al processo produttivo). Avendo a disposizione, come output del presente PdR, la tecnologia necessaria per la costruzione della protesi custom made in Ti, la procedura illustrata schematicamente di seguito potrebbe essere seguita in un’applicazione clinica.

Obiettivi e risultati attesi_ITA

La procedura illustrata prevede che il paziente sia inizialmente soggetto ad una TAC (step 1), al fine di ricostruire con estrema precisione il modello virtuale del distretto anatomico (step 2) e da questo la geometria CAD della protesi con tecnica di mirroring (step 3). L’iter si chiude con la realizzazione della protesi (step 4) e il successivo impianto sul paziente (step 5). La scelta della tecnologia per la costruzione della protesi (SPF o SPIF) sarà da valutare sulla base sia delle caratteristiche geometriche del manufatto che dell’urgenza di ottenere il dispositivo da impiantare. Lo SPIF, per es., che garantisce tempi di messa a punto più rapidi e, quindi, tempi di attesa inferiore per il paziente, sarebbe pertanto la scelta privilegiata nel caso di patologie che comportano un sito danneggiato aperto con conseguente rischio di infezione. Viceversa, a causa dell’assenza di stampi, lo SPIF risulta deficitario davanti a geometrie più complesse (sostituzione di ossa zigomatiche, mandibolari o mascellari): in questo caso, il ricorso al SPF, con impiego per es. di stampi ceramici “usa e getta” appositamente prodotti, può risultare vincente.

Dal punto di vista industriale, validare i processi tecnologici attraverso prove sperimentali, consentirà la trasferibilità delle tecnologie SPIF e SPF alla produzione di protesi dalle elevate caratteristiche in termini qualitativi e prestazionali. Dal punto di vista economico, l’introduzione di tecniche di lavorazione innovative, basate sul paradigma tecnologico della flessibilità di produzione, garantirà una riduzione del costo standard industriale del componente anche nel caso di un lotto di produzione unitario (protesi custom-made). Infine, dal punto di vista clinico, l’impiego di tale procedura consentirà una diminuzione della probabilità di rischio di infezione nel paziente ed un miglior recupero del paziente stesso dato dalla riduzione sia del tempo operatorio che di quello post-operatorio.

Un approccio di questo tipo consente, tra l’altro, di sperimentare ed affinare nuove tecniche chirurgiche o di applicare tecniche già sperimentate in distretti anatomici diversi. Infatti, grazie all’abbattimento dei tempi di realizzazione delle protesi ed alla maggiore precisione di realizzazione, sarà possibile tanto pianificare interventi chirurgici meno invasivi, quanto prevedere finalmente la realizzazione di protesi che possano sostituire delle parti anatomiche difficilmente riproducibili con le tecniche tradizionali. L’approccio interdisciplinare che caratterizza il progetto comporterà necessariamente un’integrazione dei saperi propri di ogni singola disciplina, consentendo il superamento di quello che è emerso essere a tutti gli effetti il limite maggiore dell’attuale stato dell’arte, ovvero la mancanza di una visione integrata delle problematiche tanto tecniche quanto cliniche. Difatti, l’attuazione di un progetto che coinvolge campi disciplinari differenti favorirà lo scambio di conoscenze e competenze fra diversi settori ed ambiti di ricerca contribuendo anche alla crescita dei ricercatori coinvolti. L’applicazione in campo biomedico di tecnologie innovative prevalentemente confinate alla ricerca di base accrescerà le expertise in ambito industriale, fornendo un valido contesto applicativo reale; in maniera del tutto simile, l’introduzione di nuove tecnologie in ambito bio-ingegneristico amplierà notevolmente lo scenario di procedure e applicazioni attualmente fruibili in campo medico. Infine, dal punto di vista clinico, la definizione di una nuova procedura “customer oriented” finalizzata alla risoluzione di problemi medici, fornirà anche un notevole contributo in termini sociali, elevando gli standard qualitativi nel trattamento clinico di pazienti con patologie critiche come quelle in oggetto.

Tutto ciò sarò reso possibile grazie al notevole supporto delle attività di sperimentazione attuate durante il PdR, che a fine triennio costituiranno un’ottima base di conoscenze per futuri sviluppi anche in altri campi di applicazione. Durante la realizzazione del progetto, infatti, saranno condotte prove sperimentali che permetteranno di studiare l’utilizzo di particolari leghe e tecnologie di lavorazione nel settore biomedico che potranno poi essere estese e impiegate anche in altri contesti sia clinici che produttivi: saranno, ad esempio, effettuate prove sulle differenti leghe da utilizzare e appropriate analisi atte a definire sia il comportamento reologico che quello post formatura (in campo plastico e superplastico). Oltre agli aspetti puramente meccanici e legati all’ottimizzazione dei processi, saranno anche effettuate analisi di citossicità necessarie a valutare l’effetto delle lavorazioni sulla biocompatibilità, al fine di garantire sempre la corretta integrazione con l’organismo ospite e l’assenza di effetti nocivi alla salute dei pazienti. In modo analogo, il processo di definizione di protesi customer oriented, sia in termini di geometria che di sistema di ancoraggio, sarà ottimizzato con l’ausilio di metodi di calcolo numerici agli elementi finiti ad oggi non impiegati a livello operativo ma fondamentali al fine di minimizzare i rischi operatori e garantire il buon esito dell’impianto. Tutto ciò condurrà ad una accurata analisi e caratterizzazione dei materiali e delle tecnologie di lavorazione che verranno utilizzate nell’ambito del progetto con un conseguente miglioramento della conoscenza esteso ben oltre il contesto applicativo oggetto di questo studio.